Il Katholicon di San Giovanni Therestis
di Danilo Franco
Prefazione (a cura di P Nilos Vatopedinos)
Sono passati 13 anni da quando, il 24 febbraio del 1994, l'Amministrazione Comunale di Bivongi ha deliberato la restituzione della vetusta basilica di San Giovanni Theristis al suo ruolo originario di katholikon del Monastero dedicato al Santo Mietitore.
Assegnato alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa di Italia, fondata dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli da più di un anno, il Monastero di Bivongi è stato allora spiritualmente affidato ai Padri della Santa Montagna dell'Athos; cosicché dall'autunno di quell'anno fino alla fine del 2005 il P. Kosmas aghiorita ha intensamente operato al restauro di questa antica palestra ascetica.
Il rudere abitato per lunghi anni da animali è divenuto di nuovo Santuario mentre la navata, ridotta a pochi brandelli di muro, ha riavuto il tetto, il pavimento e le mura sulle quali un esperto iconografo greco ha "scritto" le sacre immagini dei santi asceti alle quali si è aggiunto, inatteso, un antico affresco del santo mietitore, nascosto da secoli sotto le bianche pareti del coro sinistro.
Proveniente dal deserto della Grande Laura di Sant'Atanasio, il Monastero della Santa Montagna dell'Athos spiritualmente unito al monachesimo greco-calabro, fin dalle sue origini nel decimo secolo, questo monaco aghiorita ha riacceso, notte e giorno, le lampade in onore dei santi ed ha ricevuto così il dono di illuminare non soltanto i pellegrini ma anche gli altri visitatori. Perfino semplici curiosi hanno talvolta recepito il forte e coinvolgente invito alla conversione che scaturisce dalla densa spiritualità che caratterizza la vallata bizantina dello Stilaro.
Nascosta da collinette, la basilica di san Giovanni Therislis costituisce in effetti un tesoro nascosto in un'incredibile vallata dominata dalla solennità ieratica delle due maggiori vette costellate da grotte, eremitaggi e laure che rendono unica questa Tebaide, tra i pur numerosi siti ascetici calabro-greci.
Accese le lampade, predisposta la Chiesa alla celebrazione della Divina Liturgia ed il piccolo Monastero ad accogliere altri monaci, l'eremita è silenziosamente rientrato nel deserto della Grande Laura da dove era giunto 13 anni prima.
Paventando la fine della breve presenza monastica ortodossa nella vallata, molti visitatori sono rimasti scossi e inquieti per questa silenziosa partenza, ignari dei ritmi, umanamente non prevedibili, che contraddistinguono la storia del monachesimo ortodosso, privo di strutture stabili, paragonabili agli ordini religiosi della Chiesa romano-cattolica.
Grazie alla sollecitudine del Metropolita Gennadios di Italia, dal quale dipende canonicamente il Monastero, gli asceti della Santa Montagna dell'Athos non hanno abbandonato il ripristinato Monastero calabrese: adesso è il P Gennadios a illuminare la vallata con la continua celebrazione della Divina Liturgia nella basilica del Santo mietitore.
Santificato da un millennio, il Monastero continua a lodare e intercedere per il riposo di Gerasimo, Bartolomeo e Pancrazio, gli indimenticabili fondatori stilitani, e di quanti, monaci o devoti hanno voluto riposare vicino al santo che continua a mietere grano spirituale per continuare a sfamare anche oggi quanti accorrono al Suo Monastero.
Testimone di quanto si sprigiona dalle mura del Monastero, Danilo Franco ci guida, con agile ed esperta descrizione dei luoghi, fino all'interno della basilica trasmettendo, con sentita esperienza, il silenzioso invito a rientrare in noi stessi per unirei ai pellegrini, che continuano ad accorrere dalla Grecia, ed agli umili fedeli ortodossi giunti in Calabria dall'Europa orientale, intenti a ricevere dal Santo Mietitore quel nutrimento spirituale necessario per affrontare le difficili condizioni di '/extracomunitari", spinti dalle necessità economiche a cercare lavoro anche nella lontana Calabria .
Pertanto ancora oggi/ all'alba del terzo millennio, tra quanti sostano nell'eloquente silenzio del Monastero di San Giovanni Theristis vi sono alcuni che giungono a superare i limiti di tempo e di spazio: avvertono la vicinanza del Santo Mietitore e della loro patria lontana.
P. Nilos VATOPEDINOS
Il Katholicon di San Giovanni Therestis
di Danilo Franco
Verso i l Sacro Monastero
Ci troviamo su di una cresta montuosa, nella mesopotamìa dello Stilaro e dell'Assi che, paralleli, corrono, lenti e silenziosi, verso il mare Ionio, solcando il bianco ed assolato "calatro".
Stiamo percorrendo la "Via Grande", l'antica strada che da Kaulon conduce alla Certosa di Santo Stefano del Bosco, e da lì fino al versante tirrenico del Vibonese.
Colli degradanti verso i fiumi e verso il mare ci circondano. Alle nostre spalle i monti ed i boschi delle Serre Calabre, misteriosi, impenetrabili ed ombrosi. Davanti a noi il mare Ionio, profondo, scintillante ed azzurro, che all'orizzonte nasconde la terra dei padri, gli antichi lidi.
Tra noi ed il mare, l'imponente Consolino, il monte Sacro, il monte della dea Selene, il monte delle Laure. Più a destra, il monte Stella, che custodisce nelle sue viscere la Sacra Crotta dedicata alla Theotòkos. In fondo, verso il mare, sull'Assi, si scorge il luogo del Monastero di Santa Maria di Arsaphia.
Da poco abbiamo lasciato i luoghi dove sorgevano le "laure" dei santi anacoreti, e gli antichi conventi di Santa Maria dello Stricto, di San Nicola e di Santa Venera. Gli odori della natura robusta ci avvolgono. In alto, nel cielo terso, ci fa compagnia un falco che con il suo volo e con le sue evoluzioni sembra volerei indicare la giusta Via.
Da lontano, suoni ancestrali, canti antichi, nenie, preghiere, profumi acri, e l'incessante e cadenzato rumore di un legno percosso, ci guidano e ci invitano a proseguire verso la nostra meta: il Katholikon, dedicato al Santo Mietitore.
Finalmente lo scorgiamo. Saldo nell'abside, proteso con la sua cupola verso l'alto, ad indicarci, nell'infinito azzurro, la presenza del Demiurgo.
Ferito nella sua struttura muraria, il Katholikon di San Giovanni Theristis, con il colore rossastro dei suoi muri si staglia netto sul verde scuro delle colline che lo circondano con un abbraccio protettivo.
Ci avviciniamo sempre di più, con passo spedito, quasi correndo, desiderosi di immergerci in un angolo di Paradiso in terra.
Siamo nei pressi del granitico portale.
Ci fermiamo per riprendere fiato, storditi ed avvinti dall'originaria e maestosa bellezza dell'edificio e dal pathos che pervade il complesso monastico.
Ci accoglie un Uomo. Un monaco vestito di nero, alto, barbuto, con i lunghi capelli raccolti dietro la nuca. Ci saluta con un sorriso di adolescente e con un benevolo "ben venuti", ripetuto più volte, accompagnato da un leggero inchino di riverenza.
La sua stretta di mano è forte, come è forte il suo sguardo di portatore di pace. È il monaco Cosma, che proviene dal Sacro monte Athos.
Più in là, i suoi confratelli Nilo, Dimitri e Massimo, intenti ai Sacri riti. Entriamo nel Sacro Katholikon, increduli e conquistati da tanta sacralità. Umili, restiamo in fondo alla navata, a guardare e ad ascoltare rapiti. Siamo spettatori attenti, di "qualcosa" di inenarrabile che richiama dal profondo dell'essere sensazioni ancestrali.
Partecipiamo estasiati al rito, trascinati dai ritmi e dalle cadenze antiche della celebrazione, nel passato che rivive, magnifico ed attuale.
Non siamo viandanti o pellegrini in cerca del Sacro Graal. Non siamo viaggiatori del tempo, proiettati come d'incanto, all'indietro ne/l'undicesimo secolo. Siamo uomini di oggi, con i nostri dubbi e le nostre debolezze, e ci troviamo in Calabria nella vallata dello Stilaro, nel comune di Bivongi; eppure nutriamo la sensazione di ritrovarci nel medioevo, al tempo delle formidabili passioni mistiche ...
Danilo FRANCO