Le orchidee della Vallata dello Stilaro
di Enzo Bona, Ugo Franco, Giuliano Taverniti
LA VALLATA DELLO STILARO
Dal gruppo montuoso delle Serre compreso nelle province di Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia, dominato dai 1420 metri d'altezza del monte Pecoraro, ha origine la fiumara dello Stilaro.
Il suo corso viene tutto ripidamente a scendere lungo la zona compresa nella provincia di Reggio, e termina il suo defluire, della lun ghezza di circa 25 chilometri, nel mar Ionio, tra Monaste race e Riace.
Le acque della fiumara provengono da un reticolo di burroni a ventaglio, tra cui il Ruggero e l'Acciarello che sono i più lunghi.
Quelle di quest'ultimo burrone, nella zona impervia e selvaggia del Mar marico, precipitano dall'alto delle rocce formando la cascata detta appunto del Marmarico che, con i suoi 120 metri d'altezza, si pone tra le più alte d'Italia.
Due !aghetti, uno a metà della cascata e l'altro al piede della stessa, ribollenti per la violenza dell'acqua che in essi si precipita, offrono in estate, ai visitatori che osano tuffarsi, un fresco refrigerio.
Le acque dei torrenti si uniscono più in basso in un unico alveo.
Tumultuose e spumeggianti scendono lungo strette gole disseminate di ciclopici rotondeggianti scogli granitici, per una lunghezza di sette chilo metri, fino a placare la loro furia in un piatto, ampio e biancheggiante càlatro (greto), ad appena 200 metri s/m, poco a monte dell'abitato di Bivongi.
In estate l'acqua si perde sotto un ampio e spesso manto sabbioso, riaffiorando a tratti là dove incontra strati impermeabili di rocce, per scomparire poi di nuovo poco più in basso.
L'ampio càlatro resta asciutto fino al mare a cuocersi al sole, con qualche macchia di verde simile ad oasi che, di tanto in tanto, spunta là dove l'acqua sotterranea affiora senza venire fuori.
Sovrastano il corso della fiumara colline intensamente coltivate a vigneti e oliveti e, nella parte bassa e pianeggiante, ad agrumeti, orti e giardini.
Colline a forte pendio, a terrazze, già sottoposte a disboscamento per l'impianto di vigneti, tornate ora, dopo pochi decenni, nuovamente bosco non essendo più conveniente coltivarle.
Le montagne nereggiano sullo sfondo, fitti d'erica, elci, castagni, abeti e faggi.
Le acque della fiumara, fino a qualche decennio fa, sono state sfruttate per alimentare le turbine di due centrali idroelettriche e le pale di una ventina di mulini. Tutto è stato poi distrutto dalle ricorrenti alluvioni tra il 1951 e il 1973.
I gelsi, presenti fino agli anni '50 sec. scorso in ogni orto, sono totalmente scomparsi. L'allevamento del baco da seta, fiorente per circa un millennio, che aveva fatto del paese di Bivongi il maggiore produttore di bozzoli di tutta l'Italia centro meridionale, è cessato con la comparsa sul mercato del ràyon, subito dopo il secondo conflitto mondiale.
Rimane a testimoniare questa millenaria attività uno sparuto numero di telai a mano dei quali a volte, nei vico li del paese, si avverte, cupo e ritmato, il suono della cassa battente.
Si dedicano ancora al telaio alcune anziane donne che continuano a tessere biancheria, coperte e "pezzare", quanto per non starsene sole senza far niente, con le mani in mano.
Il corso medio della vallata è dominato dal monte Consolino che roccioso, irto a parete lo sovrasta.
Alla sua base sono adagiati i paesi compresi nella vallata: l'abitato di Bivongi, tutto nel fondovalle, stretto tra le ripide pendici dello stesso ed il corso delle fiumare. Più in alto, sulla parte opposta, quello di Stilo, con la sua cattolica bizantina, a dominare la vallata fino al mare dalle alte pendici del Consolino, dove si vuole che il filosofo rinascimentale Tommaso Campanella abbia scoperto e mangiato l'erba della sapienza. Tra i due paesi, Pazzano, grazioso paesino posto lungo la stretta gola tra il Consolino e il Montestella, tutta perforata dalle gallerie dei borboni che estraevano il ferro.
Nella vallata si riversano diversi corsi d'acqua, affluenti dello Stilaro e, tra questi, il Melodari ed il Pardalà.
Lungo le scarpate che li costeggiano, vegeta rigogliosa la ginestra. A primavera, crea vistose macchie non solo ad abbellire il paesaggio, ma che in anni non molto lontani era tagliata, lavorata e tessuta al telaio.
Rimangono nella vallata testimonianze di un passato industriale consistente nella estrazione e fusione di minerali nel corso dei secoli e, in epoca recente, di concerie, stabilimenti termali di acque alcaline solforose, mulini e centrali idroelettriche.
Anche la pastorizia ormai può considerarsi estinta. Esiste alle alte quote tra le montagne, solo l'allevamento di mucche allo stato brado.
Ciò ha comportato che l'ambiente naturale della zona media alta della fiumara è tornato ad essere quello selvaggio di prima del dissennato disboscamento causa di frane, alluvioni e di un generale dissesto idrogeologico.
Lungo i corsi d'acqua e sulle colline in prossimità degli stessi, la vegeta zione cresce spontanea e rigogliosa, così fitta in alcuni tratti, che, a prima vera, chi si avventura lungo antichi sentieri costeggianti il fiume, deve munirsi di roncola per aprirsi un varco tra un intrico d'erbe, rovi e rampi canti.
La natura, ha ripreso possesso del territorio e la flora ora si manifesta straordinariamente superba, nelle sue infinite forme e varietà.
Ernesto Franco