Maria SS. Mamma Nostra di Bivongi, Origine e storia del culto
Damiano Bova OP
PRESENTAZIONE
C'è subito da dire un sentito grazie a P. Damiano Bova per il suo lavoro dal titolo MARIA SS. MAMMA NOSTRA. Origine e storia del culto. Nei terzo centenario dalla donazione del Quadro alla comunità di Bivongi e nel primo centenario dell'incoronazione è un dono davvero significativo. E per diversi motivi. Già, peraltro, colpisce il fatto che l'autore ci confida che si tratta per lui di un voto da sciogliere.
Certo, non si fa fatica a scoprire che P. Bova è un figlio di Bivongi. Bivongi e Mamma Nostra non si possono disgiungere. La devozione a Maria venerata con un titolo "così bello e significativo" è per ogni bivongese una "componente essenziale o connaturale" della propria identità. E, a proposito di identità culturale, P. Bova offre opportune puntualizzazioni. È un diritto naturale. P. Bova parla di "riequilibrio esistenziale". Ed è proprio così: quanto più si è vitalmente legati alle proprie radici, tanto più si è capaci di progettare futuro. E ne sono prova sicura i tanti bivongesi sparsi nel mondo: ovunque li ha portati la vita, essi hanno dato il loro originale contributo alla crescita del Paese che li ha accolti proprio perché fedeli alla loro identità. Dev'essere così anche da noi: l'incontro con culture diverse può e deve portare ad una "identità arricchita".
È un discorso ovviamente diverso quello sulla fede. Essa si esprime sempre in una cultura, ma non si identifica con nessuna cultura: orienta dinamicamente l'esistenza in tutte le sue espressioni. Oggi che il mondo è radicalmente cambiato, tanto più essa incide sulla storia quanto più è una fede pensata. Va, comunque, affermato che è stata proprio la devozione a Mamma Nostra che ha conservato e nutrito la fede dei bivongesi come impegno a seguire Gesù Cristo con un vivo senso di appartenenza alla Chiesa.
Va, intanto, aggiunto che, volendo approfondire l'oggetto principale della sua ricerca, e precisamente le origini del culto a Mamma Nostra, P. Bova ha confermato la sua grande onestà intellettuale. Procede nella sua ricerca col necessario rigore. Confessa candidamente che ci sarebbe rimasto male se avesse dovuto concludere che la devozione a Mamma Nostra si fosse diffusa dall'Abruzzo a Bivongi e non viceversa: ed era, peraltro, facile pensarla così, anche per la presenza attiva nel nostro territorio dei figli di San Francesco provenienti da quella regione. Ma .. . gli è andata bene: non escludendo la possibilità di ulteriori studi, è riuscito ad avere tra le mani il documento che gli dà la certezza che il culto pubblico a Mamma Nostra ha avuto le sue origini proprio a Bivongi, quando nel 171 O quel grande missionario che era il francescano P. Giuseppe Cretari da Stilo ha donato il Quadro a quella comunità.
Potrebbe venirne fuori certamente un bel giallo, se si volesse scrivere sulle vicende di questo quadro. Da Bivongi alla certosa di Serra San Bruno, dalla certosa, distrutta dal terremoto del1783 alla casa del Vicario generale e poi di un prete suo nipote D. Gabriele Giancotti, finché venne scoperto dal santo vescovo di Squillace, il francescano Concezio Pasquini, e restituito alla Chiesa di Bivongi.
Era il 1853. L'8 dicembre dell'anno seguente Pio IX avrebbe proclamato il domma dell'Immacolata. Senz'altro bella è stata perciò l'idea di P. Bova di collegare Mamma Nostra con l'Immacolata Concezione. Maria è la prima dei salvati. La primizia di un'umanità nuova. Ed è motivo di intensa gioia, specialmente in una società in cui sembra eclissarsi il Dio di Gesù Cristo, contemplare Colei che ci assicura che quel progetto di pienezza di vita il Signore lo sta realizzando in ciascuno di noi e nell'umanità intera.
Ma ce n'è per tutti, nel lavoro di P. Bova. Saranno felici i cultori di storia, anche perché in appendice l'Autore mette a disposizione preziosi documenti ed offre i profili di personaggi legati in qualche modo a Mamma Nostra. E lo saranno gli innamorati dell'arte, scoprendo nella bellezza una via sicura per un autentico cammino di fede. Ma P. Bova indica ulteriori piste di ricerca in campi diversi: dall'approfondimento dei rapporti sul culto mariano tra Oriente e Occidente, per arricchire il valore di un ecumenismo ormai irreversibile, fino allo studio sull'economia di un territorio che esige ed attende un nuovo riscatto.
Ritengo, comunque, di non sbagliare se mi permetto di affermare che P. Bova si attende dal suo lavoro l'impegno di una devozione sempre più autentica a Maria SS.
Mamma Nostra. E può crederci, anche in forza della personale testimonianza che egli continua ad offrirei. Faremo, pertanto, come il discepolo Giovanni, quando dalla croce Gesù gli consegnò Maria come Madre: La prenderemo nella casa della nostra esistenza. E sentiremo sempre più forte la sua presenza: la presenza discreta, ma quanto mai reale, di una madre tenerissima, che vede e provvede, dà forza e infonde fiducia. E, ripetendo quanto disse a Cana di Galilea: "Fate quello che vi dirà Gesù", continua ad indicarci l'unica via, da Lei percorsa per prima, che porta alla vita. La gioia, peraltro, che in fondo tutti cerchiamo, ha un volto e un nome: quello di Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto. Catanzaro, 16 luglio 2010, nella memoria della B. Maria Vergine del Carmelo
+ Antonio Cantisani,
Arcivescovo emerito di Catanzaro - Squillace
Maria SS. Mamma Nostra di Bivongi, Origine e storia del culto
Damiano Bova OP
PREFAZIONE - BIVONGI IL PAESE DI MAMMA NOSTRA
Don Giuseppe Raspa intitolava così il suo libretto scritto a seguito della incoronazione della Mamma Nostra nel 1911: Il Paese di Mamma Nostra[2]. Dopo aver scritto e pubblicato un libro su Bivongi[3] e precisamente sulle sue origini, mi sembra doveroso dover pubblicare questo sulla Mamma Nostra.
Il paesaggio dell'entroterra verdeggiante delle Serre che s'incunea tra la Sella della Limina, a sud, e il degrado dell'istmo di Squillace-S. Eufemia, a nord, s'impreziosisce della presenza delle vette più elevate di tutte le Serre: Pietra del Caricatore (m. 1414) e Monte Pecorara (m. 1423), dove vi alligna il più bel bosco di faggi e abeti. È il massiccio delle Serre, il cui nome è suggerito dalla configurazione dei rilievi collinari e montuosi allineati a catena come i denti di una sega.
Al centro di quest'area s'insinuano vaste conche con i loro centri abitati, tra cui primeggia Serra S. Bruno, circondata da foreste ataviche, miste di latifoglie e conifere. Le alte montagne degradano sul versante ionico verso il mare immergendosi nelle numerose valli fiancheggiate da colline verdeggianti d'uliveti e vigneti, ricche di orti e giardini per ortaggi e agrumeti.
Le magre acque dello Stilaro scorrono, fra strette gole, lungo il greto cosparso di granitici macigni arrotondati in millenni da infiniti alluvioni. Retaggio di ardimentose e titaniche imprese compaiono lungo il fiume le strutture di due centrali idroelettriche ancora ben conservate anche se non sono più in attività. Incassata tra spioventi montagne, in fondo alla valle, sotto la cascata del Marmarico, la centrale di "Gurna da Coddara" con la sua condotta forzata di quattrocento metri che scende quasi a precipizio da Numero Undici. Più a valle la centrale di "Bagni di Guida" con i caseggiati dello stabilimento termale, installata dai Bivongesi, agli inizi del XX secolo.
Nella valle dello Stilaro, tra la foce dell'affluente Melodare e la sovrastante spalla nord del complesso calcareo-dolomitico del monte Consolino, sorge l'abitato di Bivongi.
Ben in vista, al di sopra delle prime case di Pazzano sulla Cuccumella, la mistica croce di Montestella. Quasi di fronte a Bivongi, tenaci testimoni della spiritualità monastica della tebaide stilese, si ergono silenti i ruderi del monastero degli Apostoli. La natura geologica del monte Consolino, essenzialmente cristallina, rappresenta un episodio geologico, un isolotto circoscritto a sé stante, un fenomeno, per certi versi singolare, della natura. La catena montuosa lungo il crinale del massiccio del Mammicomito (m. l 047), degradante verso est si conclude sullo Stilaro con il picco di Monte Stella e lo svettante ultimo avamposto del Consolino (m. 701). Incastonato tra di essi, in una profonda forra, il centro abitato di Pazzano, e più a oriente, addossato al massiccio del Consolino, si ammammella la storica città di Stilo.
Le popolazioni costiere della Kauloniatide magnogreca, arretrarono nel corso dei secoli sempre più verso l'interno, sospinti dall'invadente malaria, dalle scorrerie degli invasori, dalle incursioni saracene e dagli insediamenti di monaci orientali, dando vita a una miriade di piccoli centri abitati degli inizi del X secolo, che costituirono i korìa del periodo bizantino, diventati i casali del periodo normanno. Bivongi (Bobonges) è uno di questi centri abitati ben documentato nel secolo XI.
Nel periodo bizantino la zona si arricchì infatti dell'influente e operosa presenza dei monaci orientali che vi s'insediarono, particolarmente sul versante orientale delle Serre.
Essi edificarono sulle colline e sui monti una gran quantità di luoghi di culto (chiese e monasteri), ma non si limitarono a prendersi cura solo della vita religiosa; promossero l'agricoltura, introducendo nuove specie di colture, importarono l'allevamento del baco da seta e l'annessa coltivazione del gelso, ponendo così le basi per la creazione di una vera e propria industria della seta. L'afflusso di nuove comunità provenienti dall'Oriente, diede luogo al moltiplicarsi dei centri abitati.
Dei numerosi insediamenti si conservarono nei secoli, alle falde del Consolino, solo Stilo, Bivongi e Pazzano, con gli insignì monumenti della Cattolica, di S. Giovanni il Vecchio, di Monte Stella, del monastero degli Apostoli e di tanti altri residuati della antica civiltà magnogreca e bizantina.
L'avvento dei Normanni sconvolse l'assetto del territorio conquistato da Ruggero I, il Gran Conte. Questi, nel 1094, donò a san Bruno, fondatore della Certosa in Francia, un'estesa tenuta che sul versante ionico raggiungeva da una parte Punta Stilo, compresi i casali di Bingi e di Bivongi, e dall'altra il golfo di Squillace. Questo evento diede inizio ad un'altra storia che incise profondamente nel futuro della Calabria, e in modo particolare di Bivongi, legata come bene feudale per oltre sette secoli alla Certosa di Serra S. Bruno, dalla quale fu resa indipendente dalle leggi napoleoniche del 1806.
La storia di Bivongi è strettamente legata inizialmente alle vicende della vicina Stilo, il centro più importante della valle dello Stilaro, e poi, per molti secoli, alla Certosa di Serra S. Bruno. Il suo primo nome è Bobonges le cui origini risalgono al secolo Xl[4] Questo nome subì una evoluzione (Boboungi, Bovoungi, Voboungi, Bibungi) prima di prendere la defmitiva denominazione di Bivongi.
Una vera storia di Bivongi nei secoli non è stata scritta. Alcuni frammenti di storia si trovano in una pubblicazione di Ernesto Franco[5]. È stata, quella di Bivongi, una comunità vivace che è riuscita con tenacia a conservarsi e ad affermarsi nei secoli fino a rimanere unica testimone dei numerosi casali della vallata. Sarebbe stato interessante ricostruire, anche se sommariamente, le vicende storiche della valle dello Stilaro del periodo che riguarda l'origine del culto della Mamma Nostra a Bivongi, anche se non sono strettamente influenti per le vicende dell'oggetto di cui ci occupiamo qui. Questo lavoro ci avrebbe distolto non poco dall'assunto centrale di questo lavoro. Molti elementi possono, però, ricavarsi dal manoscritto del '700, riguardante la Cappella della Mamma Nostra, documento che richiederebbe uno studio a se stante.
Sappiamo dal censimento del 1732 che la popolazione di Bivongi si aggirava in quel periodo intorno al migliaio di abitanti (184 fuochi per una media di cinque persone per fuoco). Era un centro, in quel periodo, certamente in pieno sviluppo economico-sociale, come si può evincere anche da una superficiale lettura dei dati rilevati dell'espansione demografica: in due secoli, dal XVI al XVIII secolo, la sua popolazione è aumentata del 707%, contro il 191% di Stilo e il230% della zona di Roccella. Le notizie sui centri urbani calabresi danno Bivongi sempre ricca di professionisti (notai, medici, farmacisti, avvocati, ecc ... ).
Di rilevante interesse sarebbe conoscere anche le vicende della Certosa di Serra S. Bruno nel XVIII secolo, particolarmente per i rapporti con Bivongi. In questo secolo, nella generale controversia tra potere civile e potere ecclesiastico per il possesso dei beni della Chiesa, scoppiò la lite tra l' Universitas di Stilo e la Certosa di Serra S. Bruno. Stilo reclamava come suo territorio, fra gli altri, anche quello di Bivongi, affermando che la pergamena della donazione di Ruggero I, il Gran Conte, era un documento falso[6].
Nella storia delle origini e dello sviluppo del culto della Mamma Nostra si incrociano due momenti di vitale interesse per la storia locale. Nel XVIII secolo Bivongi era un feudo della Certosa, un padrone anzitutto dalla particolare identità religiosa, e poi un padrone lontano che, per tutelare i suoi diritti feudali, aveva insediata una comunità di monaci nel vicino monastero dei Santi Apostoli. In seguito, nel XIX secolo, decaduto il regime feudale con le leggi napoleoniche, Bivongi divenne un comune autonomo. La restituzione del quadro della! Mamma Nostra nell853 sta lì anche a significare simbolicamente la fine del potere sia temporale che religioso della Certosa. La vita religiosa, divenuta indipendente dal potere politico, divenne esclusivamente competenza della Chiesa istituzionale. È la macrostoria che si concretizzava nella microstoria. Le leggi napoleoniche rappresentarono i prodromi della fine del potere temporale del Papa, della effettiva e definitiva separazione della Chiesa dallo Stato, che si concluderà con le vicende della formazione dell'unità d'Italia e con gli eventi dell929 dell'Italia fascista. Cessò così il dominio della Certosa su Bivongi, anche sotto l'aspetto religioso. La restituzione del quadro materializza l'autonomia religiosa che libera Bivongi dalla tutela del potere feudale, ponendosi a metà strada tra le leggi napoleoniche e i Patti Lateranensi.
[1] DAMIANO Bova, OP, Bivongi nella valle dello Stilaro. Il testo di questa Prefazione l 'ho ripreso dalla mia opera sulle origini di Bivongi qui citata, di cui consiglio la lettura a tutti coloro che amano Bivongi, la Mamma Nostra e la nostra valle dello Stilaro.
[2] RASPA, GIUSEPPE, il paese di Mamma Nostra.
[3] È nei miei propositi di pubblicare una terza opera, a carattere divulgativo, che possono leggerla tutti, in cui mettere insieme le due realtà che sanno di amor patrio. intitolandola proprio: Bivongi il Paese di Mamma Nostra.
[4] Per la storia delle origini di Bivongi cfr BOVA DAMlANO, OP, Bivongi nella valle dello Stilaro.
[5] FRANCO, ERNESTO, Bivongi - Frammenti di storia.
[6] Cfr. CUNSOLO, LUIGI, La storia di Stilo, cap. XXII.