Storie, di un paese che non muore, (vol I)
di Giacomo Zirilli
Presentazione (di Cesare Valenti)
Ho letto il testo in bozze di "Storie" di un paese che non muore, di Giacomo Zirilli. Plausibile e persuasiva l'ipotesi introduttiva circa l'origine costruttiva di quell'abitato: le due più antiche formazioni, il rione "Mangione" e il rione "Casali", divisi in verticale dalla via "Limbìa", che si trasformava talora in disastroso torrente nelle improvvise piene delle cattive stagioni.
Cariche di umanità quelle case addossate l'una all'altra, stanza su stanza, fino alla quinta e alla sesta, con scale appese all'esterno e misteriose strutture di sostegno.
Molto caratterizzanti i capitoli di impianto: i mulini, i frantoi, le vendemmie, il baco da seta, la coltura (l"'industria") della ginestra ....
Segue il corpo dei racconti veri e propri, da collocare nella vita paesana degli anni '30 e '40 prevalentemente.
Si tratta della caratterizzazione e storia di figure tipiche e "memorabili", diciamo, della vita paesana; spesso figure di miseria e dolore, tragiche, oppure figure deboli e tuttavia oggetto del comune dileggio; figure smisurate, rabelaisiane, alcune; altre personalità oltremodo laboriose e ingegnose, degne di rispetto e ammirazione; altre ancora estrose, acute, a loro modo originali. Notevole tra queste ultime quella del cosiddetto lo "Schiavo", in entrambe le sue parti o episodi, per l'eccezionale fantasia e la fulminea capacità di metafora dell'accattivante personaggio. Altrimenti rilevante e ironicamente nobile quella dello "Zio Màfaro". Tutte comunque figure che segnano, ognuna per il suo verso, l'interno di una comunità e mondo certamente in sè chiusi e persi alla rapida evoluzione e successione di civiltà, ma che la memoria dell'autore conserva e riporta alla luce con fedeltà commossa, quasi sempre venata da sottile lirica partecipazione.
Di altro rilievo e andatura è una delle due ultime composizioni, quella che l'autore intitola "Epilogo". Di epilogo certamente si tratta in quanto la composizione chiude il quadro. Chiude, ma in un certo senso apre: racconta dell'inizio di carriera dell'autore, quella del suo lungo congeniale servizio di maestro tra la gente di cui ha narrato. Una composizione di particolare intensità ed efficacia, pur nella sua semplicità e naturalezza.
Vi ricompaiono i luoghi, le persone, le indigenze, ma filtrati attraverso l'infanzia, le opere e i riti della scuola, in un'aura di origine e ripresa infatti, nel corso o sul finire della guerra. L'autore non ha esplicite intenzioni di descrittiva sociale meridionalistica, ma tale è l'effetto ottenuto, tanto più sorprendente quanto meno cercato, e cosiffatto da non aver nulla da invidiare a ogni letteratura di questo settore.
Cesare Valenti
Ottobre 1996
Storie, di un paese che non muore, (vol I)
di Giacomo Zirilli
Indice
Presentazione
Parte Prima Il Paese
Cap. l - IL PAESE
Cap. II - LA GINESTRA
Cap. III - IL MUUNO
Cap. IV -•LA VENDEMMIA
Cap. V - IL BAGNO
Cap. VI – l LIVARI NI PARÌUNU PUUCARI
Cap. VII -•PRIMAVERA
Cap. VIII - CHE DIFFERENZA
Cap. IX - RITORNO
Parte Seconda Fotogrammi
Cap. I - MASTRU DOMINICHIEDU
Cap. II - Lo XCHIAVO
Cap. III - TIRULULI
Cap. IV - U BANUNI
Cap. V IL HAHBARO
Cap. VI - IL TINTORE
Cap. VII -•COCO’
Cap. VIII - MATIRDA
Cap. IX - IL CAVALIERE AMABILE
Cap. X - LA MATRONA
Cap. XI - MAHAMMETTA
Cap. XII - IL SOFFIATOIO
Cap. XIII - LO ZIO MÀFARO
Cap. XIV - LICO’ COMINI
Cap. XV -•DON GIORÀ
Parte Terza Epilogo
Cap. I - INIZIO
Cap. II - MEACULPA
Glossarietto