L’impianto Avvenire venne costruito a Bivongi, in località “Bagni di Guida” dopo che il 16 febbraio del 1913, fu costituita, con rogito notarile del notaio Taverniti Pasquale, la Società Anonima per azioni a capitale limitato “L'Avvenire” di Bivongi, autorizzata ad agire con decreto del 13 giugno dello stesso anno dal tribunale di Gerace Marina (odierna Locri). Accanto ai cittadini più abbienti ideatori del progetto, “Avvenire” un nutrito numero di cittadini divenne socio partecipando ai lavori di costruzione.
L’impianto Guida, sfruttava un salto di soli 22,5 m creato da un’ansa del fiume Stilaro, con una portata di concessione di 0,35 m3/s, derivata con uno sbarramento sul fiume Stilaro e convogliata in centrale tramite un canale prima a cielo aperto, poi in galleria quindi in condotta, per una potenza di circa 80 kW.
L’impianto era costituito da uno sbarramento del tipo a soglia fissa, fatto con materiali sciolti e di cui oggi non rimane traccia, cui seguiva un canale con uno sviluppo complessivo di circa 150 m. Nel tratto finale il canale s’innalzava rispetto al letto del fiume, e poi lo attraversava su di un ponte di calcestruzzo. Dopo il ponte, il canale proseguiva ancora per una decina di metri all’aperto prima di immettersi in una galleria che, lunga circa 25 m, tagliava la cima che forma l’ansa, e finiva in una piccola vasca di carico, posta dietro l’edificio di centrale. Dalla vasca di carico partivano due condotte forzate che dopo uno sviluppo di circa 28 m entravano in centrale.
La centrale si trovava, e si trova tuttora, in località “Acque Sante”, detto anche in seguito “Bagni di Guida” dopo la costruzione dello stabilimento termale. L’edificio è in muratura ospita due gruppi identici turbina-alternatore ad asse orizzontale. Sono ancora visibili il grosso volano e il gruppo di regolazione della turbina.
La Ercole Marelli di Milano, fornì due alternatori della centrale, da 90 kW ciascuno e velocità di 600 giri il minuto. Gli alternatori erano trascinati da due turbine di tipo Francis, fornite insieme al resto dell’apparecchiatura idraulica dalla società “Ing. Moncalvi & C” di Pavia. Allo scarico le turbine sono provviste di un diffusore a forma cilindrica.
L’edificio della centrale, il canale, la galleria, e i tralicci delle linee elettriche e il montaggio di buona parte dei macchinari furono affidati a maestranze locali che per la perizia con la quale eseguirono i lavori, suscitarono ammirazione e apprezzamento nei tecnici lombardi.
La Marelli, invece, vista la difficoltà dei collegamenti aveva garantito la consegna dei macchinari solo alla stazione ferroviaria di Monasterace. I macchinari furono portati con carri nei pressi del paese di Bivongi e dopo con slitte trainate da buoi, lungo il greto del fiume per circa 5 km. Fu grande la sorpresa dei tecnici che furono chiamati a montare i macchinari ad appena un mese dalla consegna.
Ad appena un anno dalla costituzione della società, la centrale fu ultimata, e pronta a essere messa in funzione. L'inaugurazione ufficiale avvenne il 12 giugno 1914. Dopo una breve visita alla centrale, le maggiori personalità del paese si trovarono nella sala consiliare di Bivongi, dove, dopo una breve cerimonia, venne accesa la prima lampadina.
“Sorridenti e soddisfatti dell'opera compiuta, stanno ai lati dei due gruppi di macchine gli ingegneri elettrotecnici Moncalvi di Pavia, e Scalvini e Fulci della rinomata Ditta E. Marelli di Milano, i quali con squisita cortesia non si stancano di dare spiegazioni su ogni singolo apparecchio agli intervenuti che continuamente li interrogano. - Lo sviluppo dell'impianto è di 240 cavalli di forza - mi diceva il forte simpatico montatore Carcano - e quanto ella vede di materiale elettrico è stato fornito dalla Ditta Marelli, mentre quello elettrico è della Ditta Moncalvi, sedente in Pavia, alla quale io appartengo in qualità di operaio meccanico. Il sig. Fulci, rosso e rubicondo in viso, sfinito un po' dall'accelerato lavoro di quest'ultimi giorni mi dice: - Energia ve ne sarà in esuberanza e la Società potrà benissimo fare impianti pubblici e privati in altri quattro o cinque comuni del mandamento, mentre di giorno l'energia potrà essere adibita a forza motrice”.
In seguito, per sopperire al periodo di magra estiva del fiume, fu installato in centrale un motore supplementare a petrolio collegato ai generatori esistenti mediante lunghe cinghie in cuoio. In seguito lo stesso motore, insufficiente allo scopo, fu sostituito da una centralina termica con motori Diesel, progettata dall'ing. Campagna di Riace, e realizzata da maestranze locali.
All’inizio era la stessa società Avvenire a gestire l’impianto, dove lavoravano 3 operai con turni di 8 ore ciascuno. La società possedeva sei delle venti stanze dell’albergo delle terme, e tre di queste erano destinate ad alloggio degli operai. In seguito la centrale era gestita a cottimo, affidata a gestori locali, che non sempre curavano la manutenzione, specialmente dei motori a combustibile installati in un secondo momento.
Gli operai vigilavano sulle eventuali scatti dell’unico interruttore della linea di collegamento verso Bivongi. Inoltre sorvegliavano e manutenevano la briglie ed il canale. Oltre agli operai in centrale la Società occupava degli elettricisti lungo la linea e nei tre paesi dove veniva distribuita l’energia (Bivongi, Pazzano e Stilo).
Il 30 marzo 1932 l’assemblea dei soci decise, cedendo al processo di assorbimento che le grandi imprese elettriche effettuavano sulle piccole imprese nell’immediato dopoguerra, l’incorporazione nella Società Industrie Elettriche Calabresi (SIEC oppure SEC), del gruppo Società Meridionale di Elettricità (SME) che aveva monopolizzato la produzione elettrica dell’Italia centromeridionale.
Dopo aver subito l’alluvione del 1951, nella quale l’edificio di centrale (ma verosimilmente anche il canale di adduzione) restò danneggiato, nel 1955 la centrale fu abbandonata perché non più remunerativa.
Negli anni ’90 l’edificio di centrale è stato acquistato dal Comune di Bivongi, e restaurato nell’ambito della realizzazione dell’“Ecomuseo delle Ferriere e delle Fonderie di Calabria”.