Le caratteristiche geomorfologiche e climatiche della Calabria hanno reso questo territorio assai adatto allo sfruttamento delle sue acque da parte delle macchine. I torrenti partendo da quote che superano i 1200 m scendono repentinamente fino ad arrivare nel giro di 30 – 40 km al livello delle pianure e del mare. Nelle parti più a monte costruendo dei canali di derivazione (con pendenze minime) lunghi alcune centinaia di metri, era possibile ottenere dei salti d’acqua (rispetto ai torrenti sottostanti che hanno pendenze elevate) di alcune decine di metri. Inoltre essendo la Calabria collocata fra 2 mari, le forti evaporazioni danno vita sui rilievi ad abbondanti precipitazioni che arricchiscono le sorgenti garantendo una grande e continuativa disponibilità di acqua.
Per questo in tutta la Calabria ha avuto grande sviluppo l’utilizzo dell’acqua come forza motrice.Nella vallata dello Stilaro sono stati contati ben 18 mulini idraulici, alcuni dei quali documentati a partire dal 1094. Certamente molti impianti sono stati totalmente cancellati dalle ricorrenti disastrose alluvioni o, purtroppo, caduti in rovina per essere stati abbandonati dall'uomo o, addirittura, volontariamente distrutti per utilizzare i materiali di risulta o per far luogo a nuove coltivazioni.
Questa larga diffusione dipendeva dalla naturale esigenza di produrre pane per il necessario sostentamento della popolazione; oltre a ciò non bisogna dimenticare che possedere un mulino significava garantirsi una sicura fonte di reddito (in linea di massima i guadagni erano il triplo rispetto alle spese di gestione).
Salvo poche sorgenti, i corsi d'acqua, e principalmente le fiumare, i torrenti e, talvolta, anche i valloni, costituivano la fonte primaria di energia idraulica. Soggetti, come è naturale, ai ritmi stagionali ed alle condizioni idro-geologiche del sito, erano caratterizzati da portate molto variabili e spesso esigue. Nella stagione estiva parecchi mulini non potevano operare per mancanza d'acqua in quanto questa doveva essere utilizzata anche per usi domestici, per l’irrigazione di orti e giardini, per la movimentazione di frantoi, segherie ed altri opifici.
Fino alla seconda guerra mondiale erano moltissimi i mulini ad acqua in funzione, nonostante le distruzioni causate da eventi naturali eccezionali, come le grandi piene, le alluvioni e le frane causate dai disboscamenti e dalla instabilità dei pendii e malgrado l'avvento dei moderni impianti di molitura ad alta produttività .
L’ubicazione e la tipologia del mulino in Calabria sono essenzialmente legate alla fonte di energia: l'acqua. Salvo rari casi di utilizzo di essa è sempre prelevata da corsi di acqua, generalmente torrenti e fiumare, talvolta valIoni e, ove presenti, dai pochi fiumi.
I primi hanno quasi tutti una forte pendenza, particolarmente nell'asta di monte. Deviando l'acqua in questi siti, è possibile utilizzare, con un canale di lunghezza contenuta, un dislivello che in alcuni impianti supera i 15 m. La caratteristica peculiare dei corsi d'acqua calabresi è la grande variabilità della portata, soggetta ai ritmi stagionali, relativamente notevole nei mesi piovosi e modesta nei lunghi periodi di magra, quando alcuni di essi sono addirittura in secca. Tale realtà ha portato alla scelta di una particolare tipologia di impianto che, sfruttando il salto disponibile, è idonea a funzionare anche con portate molto variabili, talvolta così esigue da richiedere un bacino di accumulo. Quindi visto che ruota verticale deve essere alimentata da una portata costante, mal si presterebbe ad azionare i mulini calabresi. Per essi si è necessariamente impiegata la ruota orizzontale, malgrado il basso rendimento e la modesta produttività.
Una gora porta al mulino l'acqua prelevata in quota, onde disporre del voluto dislivello e la immette nella torre o saetta, munita di un condotto a sezione variabile e ad asse quasi. verticale, che termina inferiormente con una luce d'efflusso, dalla quale esce il getto che investe le pale della ruota. Questa trasmette direttamente il moto alla mola soprana della macina, montata sullo stesso albero.
Il dislivello fra il pelo libero dell'acqua all'ingresso della torre e l'asse delle palette della ruota (caduta) si identifica con l'energia potenziale posseduta dal liquido. Lungo il condotto conico e attraverso la luce avviene la trasformazione dell’energia potenziale in cinetica.
Per far fronte alla variabilità della portata, fermo restando il carico idraulico disponibile, il mulino è dotato di una serie di boccagli o di diaframmi di vario diametro. Il mugnaio, in base alla propria esperienza, monta di volta in volta quello che reputa più idoneo alla portata disponibile, regolando ad occhio l'angolo di incidenza del getto sulle pale. Questa operazione è molto delicata ed influenza il rendimento.
I mulini erano progettati da costruttori locali in base alla propria esperienza ed alle nozioni empiriche loro tramandate, senza possedere particolari conoscenze di idraulica, specie nel campo dei profili idrodinamici delle pale delle ruote.